I recenti progetti di edificazione urbanistica per l’area dell’abitato di Semedella adiacente alle ex autorimesse dell’azienda Slavnik, presentano, a mio dire, un’urbanizzazione forzata dell’area in questione, prevedendo infatti la costruzione di palazzine multi condominiali immerse in colate di cemento.
L’ area in questione è particolarmente cara ai capodistriani, che da tempo immemore ivi compivano un pellegrinaggio per render grazie alla Madonna, tradizione e usanza andate poi perdute col grande Esodo ma poi riprese con coraggio e fede dalla Comunità degli Italiani Santorio Santorio di Capodistria e dalle associazioni degli esuli. È un luogo ricco di pathos e di sentimento; un luogo della memoria, che rimanda al patrimonio culturale immateriale della società istriana di un tempo.
La piccola chiesa della Beata Vergine delle Grazie eretta nel 1639, si trova oggi in un contesto urbano degradato, che rischia di essere ulteriormente ingurgitato nella spirale di uno sviluppo urbano “selvaggio”, caratterizzato da linee architettoniche totalmente contrastanti con il paesaggio ed ambiente circostante.
Un tempo luogo di quiete, con richiami ad una sfera più intima e familiare, l’area ha subito e continua a subire le conseguenze degli inesorabili processi di ammodernamento e urbanizzazione, che hanno letteralmente soffocato l’area dell’edificio di culto, inglobato oggi tra strade e condomini dal carattere architettonico post moderno. Già nel 1948 infatti, la Chiesa di Semedella venne privata quasi nel totale dello spazio circostante, con la costruzione delle autorimesse note oggi con il nome di “ex-garage della Slavnik”, terreno sul quale un tempo era collocato un Cimitero.
La costruzione della Chiesetta di Semedella risale al XVII secolo ossia ai tempi in cui la città di Capodistria e le aree istriane circostanti furono colpite da una tremenda epidemia di peste. Le morti da pestilenza furono moltissime; si stima che nella sola Capodistria, su 4.200 abitanti ben 1.990 morirono a causa della malattia. Le vittime capodistriane furono poi sepolte nel prato adiacente la chiesetta di Semedella. Il cimitero fu mantenuto così in uso sino al 1811, anno in cui esso fu sostituito dal nuovo Cimitero di San Canziano.
Proprio in considerazione delle numerosissime vittime causate dalla pestilenza, le autorità cittadine decisero già nel 1631, di erigere nel Duomo un altare votivo alla Madonna, affinché potesse intercedere per fare terminare la pestilenza. Alcuni anni dopo, nel 1639, il progetto fu mutato e venne allora eretta la Chiesa di Semedella, dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, proprio sul terreno del campo santo che aveva accolto le vittime del flagello pestifero. Si decise, inoltre, che nella seconda domenica dopo Pasqua si sarebbe tenuta una processione per render grazie alla Madonna.
Tale tradizione è stata subito ben accolta dai capodistriani, legatisi ben presto al culto mariano, tanto da aver trasmesso da generazione in generazione questo importante patrimonio culturale immateriale.
La processione che si teneva nella seconda domenica dopo Pasqua vedeva la partecipazione di gran parte della popolazione urbana e non, e seguiva il percorso che dal centro cittadino portava sino alla Chiesetta di Semedella, passando per la così detta strada di Semedella.
Con il passare del tempo, oltre all’aspetto religioso legato alla processione, alle funzioni liturgiche ed alla devozione mariana, la Festa de la Semedella ha assunto anche l’aspetto di una festività dai tratti popolari, con l’offerta di bevande e cibi tipici, tra i quali non potevano mancare i nostri bussolai.
La Festa de la Semedella divenne così una fra le più amate dai capodistriani, attesa con ansia sia dagli adulti sia dai più piccini.
Come accennato nella parte introduttiva di questo breve testo, tali tradizioni e feste andarano perdute negli anni susseguitisi al grande esodo, che ha visto lo svuotarsi inesorabile della città di quasi la totalità dei suoi abitanti, che portarono via con sé usi, costumi e tradizioni di queste terre.
Nonostante le difficoltà, però, non tutto andò perduto e grazie al lavoro ed alla volontà del compianto Presidente della Comunità degli Italiani Santorio Santorio di Capodistria Lino Cernaz, la celebrazione della Festa de la Semedela, come la ciamemo noi, potè riprendere, seppur in una vesta più intima e limitata in termini di partecipazione. Grazie a Lino Cernaz, ai suoi collaboratori, ed ai soci del sodalizio capodistriano si è riusciti a conservare ancora oggi, le tradizioni ed usanze del nostro territorio, che altrimenti sarebbero andate perdute. Esse rivivono annualmente anche grazie alla partecipazione delle associazioni degli esuli capodistriani, che giungono ivi ancora in pellegrinaggio, facendo si che si rinnovi, ogni anno, un momento di arricchimento delle nostre tradizioni e memorie, che non devono essere dimenticate, ma rispettate e tramandate alle nuove generazioni.
Non permettiamo allora che tale luogo, così carico di cultura e tradizioni, venga nuovamente violentato da costruzioni urbanistiche pianificate senza tenere conto dell’anima stessa e della ricchezza nonché portata culturale dell’area in questione. Si tratterebbe, in questo caso, di un ennesimo brutto esempio di mancanza di comprensione e sensibilità verso il nostro territorio ed il suo ricco patrimonio culturale.
Viviamo oggi in un’epoca nella quale la scienza dell’urbanistica, dovrebbe evolversi verso la così detta urbanistica partecipata, ossia verso una modalità di redazione di piani e progetti che assegni un rilevante valore alle proposte che emergono dal basso, espresse dalla voce di noi cittadini e dai portatori di interessi locali (stakeholders).
Siamo noi questa voce … facciamoci sentire!
Grazie dell’ospitalità.
Capodistria, 18 aprile 2021
Fonti - Viri
Libera nos a malo – Liberaci dal male – Reši nas hudega, Editore - Založnik: Comunità degli Italiani Santorio Santorio Capodistria – Skupnost Italijanov Santorio Santorio Koper, Testi - Besedila: Mario Steffé, 2020.